"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

lunedì 6 novembre 2017

Don't be sheepish!

Dont' be sheepish!


"Ogni anno gli studenti di veterinaria, all'università di Sidney, posano nudi con degli animali. Lo scopo è creare un calendario per raccogliere fondi e fare beneficienza. Quest'anno il ricavato sarà devoluto alla lotta contro la “malattia mentale nelle campagne” e alcune delle fotografie le possiamo apprezzare a questo link.
Come dice il titolo dell'articolo, gli studenti non sono stati "sheepish", timidi come pecore, ma "cheeky" ovvero buffi e irriverenti. Le pecore invece non hanno potuto scegliere come comportarsi, come si deduce dalla fotografia in cui i loro corpi, violentemente immobilizzati durante la tosatura, sono usati per coprire il pube degli studenti in posa. Come afferma una delle organizzatrici, "cercavano di divincolarsi e non volevano star ferme, per cui abbiamo dovuto lavorare sodo con loro". Sono oltre settanta milioni le pecore allevate in Australia: quelle che non sono macellate in patria, sono esportate per nave in altre parti del mondo, per essere trasformate in cibo (sulla tratta degli animali per mare si veda il blog resistenzanimale). Ma le pecore non sono le uniche a comparire in questo godurioso quadretto agreste: in una sorta di bosco edenico, allo splendore dei corpi nudi degli studenti si affianca la perfezione di vari animali "di razza", come da perfetta tradizione zootecnica: scodinzolanti cani dalmata, cavalli con le redini e il morso, grassi e ridenti maiali... Detto per inciso, anche i corpi degli studenti sono razzialmente selezionati per rappresentare la società e l'accademia australiana, a cui per esempio non possono avere accesso gli immigrati senza soldi dall'Asia, per non guastare l'immagine (e le casse) di un Paese a egemonia bianca.

 
E come devono presentarsi i corpi di coloro la cui specializzazione consiste nella cura dei corpi di coloro che saranno mangiati? Non troppo flaccidi o sovrappeso chiaramente, non troppo esili, non troppo villosi o completamente glabri, né alti né bassi. Corrispondono ad una norma estetica per cui loro stessi non devono suscitare disgusto, ma appetito, e invitare al consumo (un richiamo della carne sessualmente godibile che rimanda alla godibilità di quella commestibile, una volta spogliata la bestia della sua pellaccia e fattane una bistecca).
In questo pruriginoso contesto contadino (pruriginoso per la classe media sanificata, che con il fango e il letame ha poco a che fare), la nudità però non deve essere troppa, pena il rischio di una contaminazione o di una somiglianza troppo evidente con i corpi degli altri animali, con le loro imbarazzanti aperture e sporgenze, con la loro peluria e il loro grugno. Sono gli animali che nella narrazione occidentale rappresentano appunto la fisicità e la sensualità all'eccesso, in contrasto con l'equilibrata superiorità dell'uomo (bianco). E per scampare al nudo integrale delle bestie allora intervengono orpelli come le membra degli animali stessi (piegate alla volontà dei loro padroni), le sbarre di ferro o di legno (che quegli animali non possono oltrepassare), i cappelli da cowboy (segno ultimativo della dominazione). L'intera struttura di dominio su quegli animali, che certo non possono andare dove preferiscono, ma hanno una vita e una morte ben prestabilite da chi ora allegramente si spoglia, per (fingere di) mescolarsi insieme a loro, finisce per diventare invisibile. Ma basta guardare il video nel link di sopra per realizzare che ci troviamo in un campo prigionieri. Basta uno sguardo un poco disincantato per notare le affinità tra lo scatto con le pecore qui sopra e quelli dei soldati americani con i detenuti a Guantanamo. Insomma, a detta di chi vi ha partecipato (attivamente) quella del calendario è stata un'ottima occasione per legare tra colleghi, l'importante è tacere la base su cui questa convivialità si fonda: l'umiliazione e la strumentalizzazione di esseri su cui deve essere mantenuto un assoluto controllo. E l'ironia che il calendario sottintende è proprio quella della commistione comica tra ciò che non dovrebbe essere confuso, cioè il corpo umano con quello bestiale, il corpo di chi comanda con quello di chi è sottomesso e comandato, il corpo di chi ha la luce dell'intelletto con quello buffo e grassoccio di chi non sa che giocare, mangiare e crepare. La gioia di legare (bonding) tra gli studenti implica che i loro sottoposti siano legati: a un allevamento (letteralmente), a un coltello, allo scaffale di un frigorifero.  Insomma, in questa serie di fotografie sono oscurate (o felicemente naturalizzate, tra il verde dell'erba e il giallo dei fienili) le gabbie e i recinti in cui sono contenuti gli animali, sono oscurate le marchiature a fuoco, le mutilazioni e i ganci a cui saranno appesi, con la gola aperta a spandere sangue sul pavimento. Gli animali che compaiono e sono carezzati, vezzeggiati, accuditi con sincera passione dai giovani veterinari, secondo questa iniziativa servono per fare luce su un altro problema, che non è certo il loro: la malattia mentale nelle zone rurali e remote. Come riporta lo stesso articolo, "Il tasso di suicidi tra i veterinari è quattro volte più alto di quello della popolazione in generale e non se ne parla molto": è questo il motivo per cui fare un calendario e raccogliere denaro. Non è difficile pensare a una qualche relazione tra questo dato e l'isolamento, la fatica, lo stress, la violenza e le condizioni spesso disastrose in cui (soprav)vivono gli animali da fattoria (o da capannone industriale). Dello sfruttamento e dell'avvilimento di queste vite negate saranno complici e testimoni gli studenti e le studentesse che ora offrono all'obiettivo della macchina fotografica i loro corpi flessuosi.

BioViolenza
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