"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

venerdì 23 dicembre 2016

L'eredità di Expo: sostenibilità, nuovi mercati, benessere animale




L'eredità di Expo: sostenibilità, nuovi mercati, benessere animale

Forse incantati dal bellissimo slogan “Nutrire il pianeta”, forse storditi dalla partecipazione di Vandana Shiva al padiglione del bio, forse addomesticati dall’ondata bio-vegan seguente ci siamo un attimo scordati di EXPO 2015 e soprattutto ci siamo dimenticati di considerare e analizzare la sua eredità.
Lo spezzone antispecista, caduto nel dimenticatoio con tutta la contestazione “no expo”, dov’è finito?
Ma, soprattutto, quanti di noi si sono accorti che da EXPO in poi gli attacchi all’industria alimentare sono stati lasciati andare solo in alcune direzioni?
Quanti sono andati avanti senza soffermarsi troppo sulla parola “intensivo”?
Il sorgere di numerose attività e associazioni di categoria includenti le parole “etico”, “sostenibile”, “verde”, “slow”, “felice” ha fatto gioire pazzamente numerosi individui.
L’idea di non dover rinunciare a nessun agio perché così si può non essere più complici di aziende che rovinano il pianeta e chi ci vive, ci ha inebriato di speranza, in vista di un reale cambiamento, che comprende anche un cambio di direzione per quel che riguarda il rispetto per l’animale non umano.
Il che sarebbe ipoteticamente vero, forse, se fossero sorte nuove aziende, cooperative, artigiani “etici-per-davvero” che quindi che non contribuiscono a nessuna forma di sfruttamento e si fosse tornati ad una produzione (vegetale) estensiva, minima, sostenibile per davvero.

mercoledì 12 ottobre 2016

Contestatori o supporter dello sfruttamento "etico"?


Contestatori o supporter dello sfruttamento "etico"?




Ci chiediamo per l'ennesima volta come sia possibile che degli animalisti (o presunti tali) possano aver partecipato ad una iniziativa promossa a quattro mani dalla Facoltà di Veterinaria di Milano (precisamente un Dipartimento di produzione animale!) e Minding Animals (associazione internazionale che si occupa di Animal Studies) nella speranza di influenzare positivamente i futuri addetti alla detenzione, proliferazione, crescita e morte degli animali "da reddito" (qui il link del programma del corso).

Se anche possiamo essere d'accordo che un allevamento biologico sia meglio di uno intensivo, ci chiediamo se sia questo ciò che speriamo e vogliamo per gli animali. Sono forse le "fattorie felici" che scardineranno il paradigma antropocentrico? È attraverso questa nuova modalità (peraltro assolutamente impossibile da sviluppare per il largo consumo) che vogliamo indicare una direzione? Pensiamo sia possibile che studenti di veterinaria (interessati ad approfondire proprio questo tema) cambino mestiere perché ascoltano qualcuno che gli dice che gli animali non devono essere uccisi? Possiamo renderci complici di questo sofisticato modo (il bio, la sostenibilità, il benessere animale) di acquietare le coscienze di consumatori e addetti ai lavori? Come possiamo collaborare con gli "addetti ai lavori"? Pensiamo che allevatori e veterinari siano così ingenui da non essersi mai incrociati con un pensiero altro e che aspettino le nostre conferenzine per andare in crisi?

venerdì 9 settembre 2016

Animalisti che organizzano visite agli allevamenti (“etici”…): succede davvero!




Vi abbiamo informato, lo scorso anno, di un’iniziativa dal carattere e dalle finalità a nostro avviso piuttosto dubbie, la Summer School “La Vita Condivisa”, pubblicando una nostra lettera aperta ai relatori/organizzatori legati all’ambiente animalista e antispecista. In questo testo, chiedevamo in sostanza come fosse possibile partecipare a un evento insieme a realtà come Compassion in World Farming, un evento organizzato da un’associazione “animalista” (Minding Animals) insieme al Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare, una struttura il cui nome non necessita di ulteriori commenti. E come fosse possibile legittimare un momento formativo con interventi intitolati, per esempio, “La sostenibilità nella produzione della carne”, “Farms not factories”, “Prospettive dell’Unione Europea per una filiera della carne innovativa, rispettosa di animali e ambiente”, “Del mangiar carne, latte, uova o la protezione animale in allevamento”, “Etichettatura dell’animal welfare”. Senza contare il patrocinio, evidenziato come un punto d’onore, di Expo 2015. Insomma, abbiamo chiesto come fosse possibile prestarsi a una legittimazione di realtà che lavorano attivamente per propagandare lo sfruttamento “sostenibile” degli animali negli allevamenti e nei mattatoi.

Dalle persone interpellate abbiamo ottenuto una sola risposta, quella di Enrico Giannetto, che ringraziamo per l’attenzione che ci ha riservato, anche se non ne condividiamo – come non ne condividevamo allora – le posizioni (la nostra replica è reperibile allo stesso link). Dagli altri relatori, il silenzio; dagli organizzatori “animalisti”, altrettanto. In sintesi, Enrico Giannetto esprimeva la necessità di “sporcarsi le mani” per “contaminare” le visioni dei giovani veterinari che, prevedibilmente, avrebbero composto la maggioranza dei partecipanti. Se questa logica al ribasso non ci convinceva, ci convince ancora meno ora che è stato pubblicato il programma della seconda edizione, che si svolgerà a Milano dal 12 al 17 settembre 2016. Gli interventi programmati prevedono un aumento notevole di specialisti del “benessere animale”, dell’etichettatura della carne, della zootecnia “di qualità”, e un peso maggiore delle realtà che lavorano sulla promozione dell’allevamento sostenibile, con la conferma di Compassion in World Farming e l’ingresso nientemeno che di “Allevamento Etico”, di cui abbiamo anche avuto già modo di parlare (si veda qui). Insomma, “sporcarsi le mani” per convincere i veterinari sembra avere ottenuto l’effetto opposto: sono gli specialisti del settore zootecnico ad avere spostato gli animalisti verso le loro posizioni.

Tanto vicini alle idee dello sfruttamento dolce, che durante questa edizione della Summer School è previsto qualcosa di decisamente intollerabile: la visita a un “allevamento etico”. Guardare il programma per credere.

A questo punto è doveroso precisare che l’unico relatore che ci ha risposto quest’anno non partecipa. Gli altri, però, sono ancora attivamente coinvolti: se l’anno scorso non hanno saputo produrre motivazioni valide, ci chiediamo come possa essere giustificabile questa volta il fatto di farsi strumentalizzare volontariamente in modo così smaccato da parte di chi trae profitto dai corpi animali.

BioViolenza

martedì 26 luglio 2016

Ci vuole un bel coraggio



Ci vuole un bel coraggio a dire che non fanno pubblicità agli allevatori.

Non sapremmo in che altro modo commentare l'ennesima "vittoria" di CIWF - Compassion in World Farming. Ma forse, ogni commento è superfluo.


da CIWF:

Il vento del cambiamento è arrivato anche in Italia


giovedì 14 luglio 2016

venerdì 8 luglio 2016

“Sapere come vivono fa la differenza”: per chi?





E’ recente la notizia della nascita di una nuova associazione, Allevamento Etico, con tanto di Manifesto  e “Criteri di eticità”.

Fra i banner pubblicitari del sito leggiamo questo mirabolante slogan: “Sapere come vivono fa la differenza”. Che differenza? Per chi? Alcune risposte le troviamo proprio nell’articolo pubblicato da “Il Sole 24 ore”.

Per cominciare, perchè tanto impegno nel promuovere modalità di allevamento non intensivo? Il motivo è presto detto. La preoccupazione per la salute umana, per l’ambiente e per l’insopportabile livello di violenza sugli animali che gli allevamenti intensivi comportano inducono i consumatori a fare qualche riflessione: “In molti chiedono un’alternativa. Che non è necessariamente una scelta vegana”. Prima ammissione senza pudore: il problema è che gli scandali degli antibiotici nella carne e la presa di coscienza relativa alla sensibilità animale possono portare le persone a smettere di mangiare carne e magari – non sia mai – a prendere parte attiva ai movimenti a favore dell’autodeterminazione dei non umani. Quindi, è bene che qualcuno si prenda la briga di riportare questi turbamenti nell’ambito di una più gestibile esortazione a consumare meno carne e “di qualità”, senza farmaci e con maggiori standard di “benessere” degli schiavi che la producono. Insomma, come annuncia l’articolo, “l’alternativa non è solo veg”!

Ma che cosa sarà mai questo benessere animale (che non si capisce bene che posto occupi accanto al desiderio di mangiare carne buona o di non ingurgitare ormoni insieme al latte di mucca)?

giovedì 5 maggio 2016

Braciole alla riscossa...



 
Già il titolo “Braciole alla riscossa” la dice lunga. Fosse stato “onnivori alla riscossa”, “buongustai alla riscossa” o “stronzi alla riscossa”, sarebbe stato più corretto e indovinato.

Temiamo che invece le braciole, nonostante l’attenzione a loro dedicata, non abbiano molto da dire in questa kermesse della Coldiretti (a Torino il 5 maggio 2016) che riunisce allevatori, industriali, ristoratori, commercianti e consumatori che, nella giornata di studio e lavoro, è di fatto un’apologia dell’allevamento, del barbecue e del consumo di carne in risposta e per arginare il crescente numero di vegetariani in Italia.


lunedì 8 febbraio 2016

La favola della carne felice

Fonte: Earth Riot


Apri la bocca, chiudi gli occhi… voltati mentre li uccidiamo!

Manca solo quest’ultima parte al video promosso dall’associazione Compassion in World Farming Italia in merito alla campagna “Non nel mio piatto” lanciata di recente e mirata a sensibilizzare il consumatore sulle condizioni degli animali negli allevamenti intensivi attraverso un lavoro di ipocrisia e la strumentalizzazione di termini privati di ogni significato e valore, come “sostenibilità” e “benessere animale”.

sabato 23 gennaio 2016

Umano bio...

Iniziativa choc: umani nel cellophane come in macelleria

Pordenone: bambolotti a pezzi e una ragazza in “carne e ossa” esposti in vetrina in occasione della “Settimana per l’abolizione della carne

Fonte: Messaggero Veneto

domenica 10 gennaio 2016

La "Legge di Murphy"

La “Legge di Murphy”

(ovvero come soffocare in un abbraccio ecumenico il dibattito che non c’è)

Un allevamento di tacchini che produce per il gruppo Amadori,
cui CIWF ha conferito il Premio "Good Chicken"

Recentemente, sul blog di Essere Animali è stato pubblicato un articolo a firma di Claudio Pomo (Responsabile delle campagne di EA) che ci ha fatto sobbalzare davanti al computer.
L’articolo, “Speriamo solo che continuino a litigare” (31 ottobre 2015) http://blog.essereanimali.org/speriamo-continuino-a-litigare/, ad una prima, superficiale lettura, può sembrare una riflessione di buon senso comune: le differenze interne al movimento sono così irrilevanti davanti alla tragedia animale che è inutile, anzi dannoso, perdere tempo in guerre fratricide. Frase talmente ovvia che non sembrerebbe neppure necessitare di altro. Chi, infatti, non sarebbe d’accordo sul fatto che dissidi personali, inimicizie e diffidenze tra gruppi, modalità diverse di concepire la lotta per gli animali siano ben poca e povera cosa davanti all’obiettivo comune, gigantesco, fin quasi impensabile che tutti vorremmo raggiungere o realizzare?

Ma a rileggere il post, ci si accorge che il punto è ben altro e non può essere lasciato indiscusso.