"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

lunedì 10 agosto 2015

Grazie, contadini svizzeri...


Non è la prima volta che ci segnalano una campagna mediatica ad opera di allevatori o produttori di carne in cerca di consensi da parte dell'opinione pubblica. I motivi per cui vengono ideate campagne pubblicitarie da parte delle associazioni di categoria possono essere di vario tipo, e non sempre comprendono l'esigenza di placare i problemi di coscienza che lo sfruttamento degli animali causa ai consumatori.
In questo caso, però, è evidente che siamo di fronte ad una risposta (anche) alle crescenti critiche alla violenza sugli animali da reddito. La campagna estate 2015 degli allevatori svizzeri (https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/campagna-attuale/manifesti/) non lascia spazio a dubbi. Accanto a manifesti che rimarcano la genuinità della frutta dei contadini svizzeri o la loro cura del paesaggio alpino, tutti incentrati su figure di animali vestite da contadini umani, ne troviamo uno con una capra che recita lo slogan: "Sono molto più libero di uscire della maggiorparte degli uomini".

Se vi è qualcosa di vero in questo slogan, dovrebbe preoccupare gli umani per la propria libertà di movimento (e, in effetti, basti pensare alla libertà di movimento di milioni di migranti, costitutivamente violata da dispositivi giuridici ed economici che nessuno mette in discussione). Difficilmente, però, può consolarci in relazione alla vita degli animali che alimentano, con i propri corpi, i propri affetti, la propria forza-lavoro, l'economia elvetica. Stiamo parlando, infatti, di esistenze che beneficiano di spazi più ampi di quelli degli schiavi negli allevamenti intensivi, di maggiore libertà, ma stiamo parlando anche, come in ogni allevamento, di figli separati dai genitori in tenera età, di mungiture non desiderate, e, infine, di una destinazione già decisa dalla nascita, il mattatoio. E, in altri casi, stiamo parlando di una semplice scenografia, creata ad arte per nascondere realtà molto meno idilliache, come quella dei maiali in Svizzera (si veda, per esempio: http://www.porca-miseria.ch/), che come “testimonial”, evidentemente, non sarebbero minimamente credibili. Tanto più che, come apprendiamo dal comunicato stampa di accompagnamento (https://www.agricoltura.ch/fileadmin/lid/Pressecorner/2015/20150223_SBV_Kampagnenstart_i.pdf), i "volti" della campagna non sono animali di fantasia, ma individui reali, realmente "ospitati" presso una fattoria svizzera: che cosa direbbero di quello che viene fatto loro dire?
Condividerebbero lo sfrontato slogan della campagna - "Grazie, contadini svizzeri"?

BioViolenza
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