"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

lunedì 29 settembre 2014

Eataly raccontata da dentro: un'inchiesta dei lavoratori

da: www.clashcityworkers.org

Un altro aspetto della realtà nascosta di chi promuove una visione edulcorata dello sfruttamento animale... il trattamento dei lavoratori umani di Eataly.

La vicenda dei lavoratori di Eataly Firenze sembrava finita con un accordo sindacale: se da un lato venivano accolte alcune richieste dei lavoratori, dall’altro l’accordo non prevedeva la stabilizzazione totale dei dipendenti, né il reintegro degli scioperanti.

E invece no… Documentandoci, recuperando il filo della lotta, abbiamo ricostruito insieme a loro l’intera vicenda, cercando sempre di metterne in luce gli aspetti principali: l’utilizzo della flessibilità per dividere i lavoratori e licenziare con facilità; la diminuzione del personale e l’aumento del carico lavorativo; la funzione di freno della lotta esercitata del sindacato; la differenza tra l’immagine fornita dall’azienda e l’autoritarismo interno.

Questa inchiesta vuole servire dunque a due scopi. In primo luogo essa è uno strumento per tutti i lavoratori di Eataly che vogliono alzare la testa, organizzarsi ed ottenere migliori condizioni di lavoro ed una vera stabilizzazione. La lotta infatti non è finita, anzi, è appena cominciata: sabato 27 settembre i lavoratori licenziati dello store fiorentino incontreranno Farinetti per chiedere il loro reintegro immediato nell’organico attuale.


martedì 9 settembre 2014

I finti animalisti e la "carne felice"

[Fonte: http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=1462]

Non esistono prodotti animali etici, ne' sostenibili, non esistono "animali felici" negli allevamenti.
Continuano purtroppo a essere diffuse in Italia delle campagne finto-animaliste, che, con la scusa di voler far vivere meglio gli animali d'allevamento, di fatto non sono altro che una sorta di pubblicità a certi allevamenti - quelli che aderiscono all'iniziativa - e, peggio ancora, una giustificazione a continuare a uccidere animali con la coscienza in pace.
Si tratta della campagna "Sonodegno", di CIWF Italia, associazione che da anni sta facendo disinformazione nel mondo, e che di recente è purtroppo sbarcata anche in Italia.
L'invito a tutte le persone che DAVVERO rispettano gli animali, che davvero si impegnano nel volontariato animalista e vegan e che davvero vogliono difendere gli animali, è di evitare di diffondere notizie, petizioni e quant'altro legate alle campagne di questa associazione e in generale a tutte le campagne che vogliono diffondere il mito della "carne felice", una definizione che dà - giustamente - i brividi e una contraddizione in termini.
Ecco un articolo di una volontaria vegan, Evelina Pecciarini, che illustra i motivi per cui campagna di questo tipo sono solo un gran danno per gli animali.

Carne felice o allevatori felici?

Le campagne per il "benessere" degli animali da allevamento, come quelle del CIWF, ora anche in Italia, sono quanto di più dannoso possa esistere per mucche, maiali, galline e conigli: al contrario di quello che si potrebbe supporre, non solo non mettono davvero in discussione il maltrattamento degli animali, ma in pratica lo promuovono, fornendo una giustificazione al consumo di prodotti dell'industria dell'allevamento. Chi ci guadagna? Solo gli allevatori e i macellai! E non parliamo solo di qualche "piccolo produttore", ma anche di enormi multinazionali del settore alimentare.

Una contraddizione a livello logico e di senso di giustizia

E' comunemente condiviso, almeno a parole, il principio etico per cui è sbagliato imporre sofferenza non necessaria a un altro essere vivente, ed ucciderlo, come avviene per qualsiasi animale da allevamento. Un principio che viene però smentito tutti i giorni da chiunque mangi carne e altri prodotti animali: pigrizia, abitudine, gusti e convinzioni errate, certo non possono essere una giustificazione per la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri senzienti.
Pensare che abbiano vissuto in modo "degno", per riprendere la parola usata dalla campagna del CIWF, alleggerisce la coscienza di chi consuma prodotti animali, fornisce un modo efficace - ma logicamente errato - di razionalizzare quello che si sa essere eticamente sbagliato.
E' una posizione morale che si contraddice da sola: da un lato, logica e senso di giustizia ci costringono a concludere che sia sbagliato imporre sofferenza e morte senza alcuna necessità gravissima (condizione che peraltro nella vita reale si verifica ben di rado, e mai nei confronti degli animali, ma piuttosto di altri esseri umani da cui si è costretti a difendersi).  Dall'altro, si ammette come "accettabile" l'uccisione (ovviamente non necessaria) di animali, quando questi - in teoria - non abbiano sofferto in vita (caso che, tra l'altro, mai si verifica): ma condizioni migliori di allevamento non sono eticamente compatibili con il continuare a partecipare all'uccisione di milioni di animali fatti nascere con il solo fine di trasformarli in macchine per la produzione di carne, latte e uova.
Il costo di questa posizione, intellettualmente disonesta e razionalmente inconsistente, sono la sofferenza e la morte di milioni di animali.
Poniamoci una semplice domanda: se facciamo vivere il nostro cane o gatto per 1-2 anni nel miglior modo possibile, accudendolo e rendendolo felici, ci sentiremmo giustificati a condurlo poi in un macello, squartarlo e mangiarlo? Certo che no. Per gli altri animali vale lo stesso identico concetto.

Che differenza c'è tra gli allevamenti intensivi e quelli "rispettosi" del "benessere" animale?

Le differenze sono in realtà minime e gran parte della sofferenza per gli animali resta immutata.
Posto che uccidere animali per abitudine, pigrizia o golosità non è MAI moralmente giustificabile, qualsiasi sia la loro specie, occorre aggiungere che non è neppure vero che gli animali dai cui corpi si ricava la cosiddetta "carne felice" abbiano in realtà un'esistenza "degna".
Le condizioni di vita sono solo un po' meno peggiori: un po' di spazio in più o un cibo leggermente diverso non possono certo cambiare la vita degli animali prigionieri negli allevamenti.
Le mucche subiscono comunque l'inseminazione artificiale ogni anno e la tortura psicologica della separazione dal vitellino che ne nasce (le mucche producono latte solo per alcuni mesi dopo il parto, esattamente come ogni altro mammifero); e vengono comunque uccise quando non sono più sufficientemente produttive (dopo pochissimi anni).
I vitellini maschi vengono comunque uccisi giovanissimi, in quanto "sottoprodotto" della produzione di latte, così come i pulcini maschi vengono eliminati appena smistati per sesso negli stabilimenti che "producono" galline ovaiole. Anch'essi sono inutili: i maschi dei bovini non producono latte, i maschi dei polli non producono uova, sono solo scarti di cui liberarsi al più presto e nel modo più economico.
Le galline "cage free" (allevate a terra) vivono ammassate in enormi capannoni, non sono certo libere di razzolare su un prato, e viene comunque tagliato loro il becco a pochi giorni di vita.
Niente a che vedere con le immagini sulle etichette e nelle pubblicità, che raffigurano "animali felici" nei prati e all'aria aperta.
Vale inoltre la pena ricordare che i sistemi di trasporto ed i mattatoi utilizzati sono quasi sempre gli stessi, per cui l'uccisione degli animali è la stessa da qualunque tipo di allevamento provengano. La terribile esperienza degli ultimi giorni di vita è identica per tutti gli animali, forse ancora peggiore e più traumatica per quelli che sono stati trattati relativamente meglio.