"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

martedì 23 dicembre 2014

Come spacciare per animalismo il marketing a favore delle aziende dello sfruttamento...



Da qualche giorno tutti gli animali imprigionati, tutti quelli che stanno per essere ammazzati nei mattatoi, e anche noi animalisti siamo molto più contenti. Sappiamo, infatti, che CIWF sta lavorando per noi ed è ancora più vicina agli animali che soffrono negli allevamenti!
CIWF annuncia, attraverso la sua mailing list, che è nata CIWF Italia Onlus.

Ora possiamo devolvere a CIWF anche il nostro 5 per mille. Soldini preziosi per supportare un ente che premia, tra gli altri, Amadori, McDonald’s, Cocacola,Burger King e molte altre belle e brave aziende che hanno strepitosamente a cuore il benessere animale (potete vederle tutte alla pagina www.compassionsettorealimentare.it/premi/)
CIWF continua la sua assurda politica di intorbidimento delle acque e continua a fare il gioco dell’industria della carne che, anche in vista di Expo 2015, deve darsi un contegno etico, sostenibile e “fruttuoso”.

Come al solito gli animalisti ingenui ci cascano e gli appelli di CIWF continuano a circolare anche nel nostro ambito.

Gli esponenti di CIWF vengono pure invitati a parlare in convegni animalisti e, se va avanti così, prima o poi potrebbero anche proporsi come gruppo guida delle rivendicazioni.
Grazie al cielo molti gruppi e qualche associazione nazionale hanno preso posizione netta contro questo gruppo di filo allevatori benevoli finti animalisti ma sarebbe auspicabile che tutto il mondo animalista/antispecista si dissociasse esplicitamente da CIWF.
Da nessuna parte, nel programma di CIWF Italia, si menziona l’essere contrari all’uccisione di animali e allo sfruttamento animale. 
Il problema è solo il grado di benessere o malessere degli animali negli allevamenti. Problema importante per un carnivoro sensibile. Irrilevante per noi.

Fosse scritto da qualche parte che CIWF punta alla fine dello sfruttamento animale e che, in vista di quel fine lontano, per ora si accontenta di migliorare la qualità della vita dei condannati a morte, potrebbe anche essere vagamente accettabile. Ma che MAI ci sia una parola contro la carne, è la cartina tornasole del doppio (se non triplo) gioco che sta facendo questa associazione. 
CIWF bara nei confronti dei consumatori (tutti ci sentiamo “etici” e possiamo mangiare con la coscienza tranquilla), bara nei confronti degli animalisti (Wow! Evviva! un’associazione grande e internazionale che combatte per gli animali!), bara nei confronti degli animali (che vengono lo stesso sfruttati e uccisi e pure viene dato un premio a chi li uccide).
Gli unici con cui CIWF non bara sono gli industriali, che anzi, probabilmente si gongolano al pensiero di ricevere medaglie al valore per aver saputo sfruttare al meglio la loro merce vivente (anzi morente).

Ringraziamo quindi CIWF che si batte strenuamente per difendere l’immagine delle aziende che premia, tutte desiderose di migliorare gli standard di allevamento.

E pensare che fino a ieri tutti noi credevamo che fosse meglio non andare a mangiare da McDonald’s!


Per approfondimenti leggi sul blog “la china scivolosa della compassione"

giovedì 11 dicembre 2014

Torino: contro Eataly e EXPO 2015

da informa-azione.info
riceviamo e diffondiamo:


Sabato 29 novembre davanti allo store di Eataly-Lingotto una sessantina di compagn* ha proposto dell’ottimo cibo senza sfruttamento, volantinando e informando i passanti con uno striscione circa le dinamiche di oppressione e nocività messe in atto da Eataly e da Expo2015.

Pane appena sfornato, marmellate e distillati autoprodotti sono stati condivisi liberamente con le persone di passaggio, in opposizione alla mercificazione del cibo e del vivente che ogni giorno ha luogo all’interno (e all’esterno) di questa e altre strutture del capitale.

Nonostante la pioggia battente e l’immancabile presenza delle forze del dis-ordine, sono stati dati in un paio d’ore centinaia di volantini agli incuriositi avventori.

Alleghiamo i testi distribuiti, auspicando che altre iniziative contro chi e cosa Expo rappresenta vengano replicate secondo le modalità di ognun* ovunque possibile.

Expo fa male, ma non tutt* lo sanno!

Collettivi antifascisti antispecisti e Torino Squatters

Volantini in formato .pdf:

Nà magnata da Oscar!
No Expo Torino

mercoledì 19 novembre 2014

28/11 a Torino: presentazione del dossier "Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo 2015"




Venerdì 28 novembre a Radio Blackout, in vi Cecchi 21/a,
presentazione del dossier “Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo 2015“, a cura del collettivo Farro e Fuoco.
Puoi leggerlo e scaricarlo qui:

Una critica al grande evento in chiave non solo antropocentrica.
Dalle ore 20.00 buffet, dalle ore 21.00 presentazione e dibattito,
a seguire dj set exp(l)osivo, ai controlli
Accompagnamento Musicale Psichedelia, Snoopy e Trash Block!

Benefit Radio Blackout



venerdì 31 ottobre 2014

Al Salone del Gusto il cibo è la nostra Terra...

da: Farro & fuoco - alimenta il conflitto

Si è svolto in questi giorni di fine ottobre il Salone internazionale del gusto 2014 – Terra Madre, evento che l’associazione onlus SlowFood, insieme a svariati partner privati e istituzionali, organizza ogni due anni a Torino.

Le migliaia di animali non umani coinvolti -sfruttati, ingabbiati, brutalizzati e ammazzati per il loro miele, per il loro latte, per le loro uova, per le loro carni- hanno purtroppo già compreso sulla loro “pelle” cosa serva per organizzarlo e farlo funzionare, sfortunati personaggi di un evento che si è nutrito e si nutre di loro. Anche gli abitanti umani della zona di Torino e delle valli limitrofe dovrebbero ormai sapere cosa portino i grandi eventi e poco cambia se il Salone è ospitato in strutture già esistenti: trasformazioni coatte del territorio e quartieri sotto pressione economica, esborso di denaro pubblico indirizzato all’economia degli eventi e del turismo e spese di gestione di infrastrutture sottoutilizzate o in disuso a carico delle amministrazioni locali. Le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006 ne sono un esempio, gravando ancora in maniera significativa sui bilanci di alcuni Comuni della Val Susa o della Val Pellice, oltre ad aver compromesso definitivamente delimitati, ma importanti habitat boschivi e montani.

continua qui

lunedì 6 ottobre 2014

11 ottobre a Milano: antispecist* al corteo No Expo


da: antispefa.noblogs.org

CORTEO NOEXPO
Sabato 11 ottobre 2014 h 15.00 a Milano
Sabato 11 ottobre, a Milano, sfilerà un corteo organizzato dalla rete Attitudine NoExpo come momento di protesta nei confronti del grande evento milanese.
Alcune individualità antispeciste, antirazziste e antifasciste hanno deciso di parteciparvi esplicitando in uno spezzone del corteo la loro posizione nei confronti di ciò che Expo rappresenta: un pericoloso strumento neoliberista che ambisce a generare profitti e instaurare modelli di governance sulla pelle di uomini, di animali e del pianeta.
Si invitano pertanto a partecipare tutti gli antispecisti e tutte le antispeciste che, fatto proprio il collegamento tra la lotta di liberazione animale con le altre lotte di liberazione umana e della Terra, hanno deciso di:
  • Non credere al capitalismo che, coinvolgendo onlus e reti di volontariato e parlando di “risorse”, si definisce sostenibile per cercare consenso e legittimità.
  • Rifiutare il claim di Expo “Nutrire il pianeta” perché basato su schiavitù, sofferenza e morte e denunciare la retorica del “benessere animale” di partner quali Coop, Slow Food e Eataly.
  • Sbugiardare partner come Nestlè, Coca-Cola, DuPont e Selex Es, perché attivi nella distruzione del pianeta, nella ricerca bio-tech, nella produzione di OGM e nel controllo militare e nel controllo delle vite.
  • Opporsi alla devastazione della natura e degli habitat che Expo porta con se’.
  • Denunciare le opere “connesse” al grande evento -come TEEM, Pedemontana e Brebemi- e additare come corresponsabili quelle società che contribuiscono alla trasformazione imposta ai territori. Tra queste figura DHL, società che opera anche nel trasporto di primati utilizzati per la vivisezione e contro cui si è sviluppata una campagna internazionale di liberazione animale chiamata “Senza ritorno” (“Gateway to hell”).
  • Rifiutare l’appoggio a Expo in ogni sua sede e modalità perché non esiste liberazione se non operiamo contro ogni forma di dominio e di controllo sulle esistenze.
Per “nutrire il pianeta”, cioé per garantire un futuro agli esseri viventi e alla Terra, non abbiamo bisogno di Expo, ma della fine della schiavitù umana e non umana.
Ci vediamo in corteo a Milano sabato 11 ottobre, con partenza alle 15.00 piazza Duca d’Aosta (Stazione Centrale).

lunedì 29 settembre 2014

Eataly raccontata da dentro: un'inchiesta dei lavoratori

da: www.clashcityworkers.org

Un altro aspetto della realtà nascosta di chi promuove una visione edulcorata dello sfruttamento animale... il trattamento dei lavoratori umani di Eataly.

La vicenda dei lavoratori di Eataly Firenze sembrava finita con un accordo sindacale: se da un lato venivano accolte alcune richieste dei lavoratori, dall’altro l’accordo non prevedeva la stabilizzazione totale dei dipendenti, né il reintegro degli scioperanti.

E invece no… Documentandoci, recuperando il filo della lotta, abbiamo ricostruito insieme a loro l’intera vicenda, cercando sempre di metterne in luce gli aspetti principali: l’utilizzo della flessibilità per dividere i lavoratori e licenziare con facilità; la diminuzione del personale e l’aumento del carico lavorativo; la funzione di freno della lotta esercitata del sindacato; la differenza tra l’immagine fornita dall’azienda e l’autoritarismo interno.

Questa inchiesta vuole servire dunque a due scopi. In primo luogo essa è uno strumento per tutti i lavoratori di Eataly che vogliono alzare la testa, organizzarsi ed ottenere migliori condizioni di lavoro ed una vera stabilizzazione. La lotta infatti non è finita, anzi, è appena cominciata: sabato 27 settembre i lavoratori licenziati dello store fiorentino incontreranno Farinetti per chiedere il loro reintegro immediato nell’organico attuale.


martedì 9 settembre 2014

I finti animalisti e la "carne felice"

[Fonte: http://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=1462]

Non esistono prodotti animali etici, ne' sostenibili, non esistono "animali felici" negli allevamenti.
Continuano purtroppo a essere diffuse in Italia delle campagne finto-animaliste, che, con la scusa di voler far vivere meglio gli animali d'allevamento, di fatto non sono altro che una sorta di pubblicità a certi allevamenti - quelli che aderiscono all'iniziativa - e, peggio ancora, una giustificazione a continuare a uccidere animali con la coscienza in pace.
Si tratta della campagna "Sonodegno", di CIWF Italia, associazione che da anni sta facendo disinformazione nel mondo, e che di recente è purtroppo sbarcata anche in Italia.
L'invito a tutte le persone che DAVVERO rispettano gli animali, che davvero si impegnano nel volontariato animalista e vegan e che davvero vogliono difendere gli animali, è di evitare di diffondere notizie, petizioni e quant'altro legate alle campagne di questa associazione e in generale a tutte le campagne che vogliono diffondere il mito della "carne felice", una definizione che dà - giustamente - i brividi e una contraddizione in termini.
Ecco un articolo di una volontaria vegan, Evelina Pecciarini, che illustra i motivi per cui campagna di questo tipo sono solo un gran danno per gli animali.

Carne felice o allevatori felici?

Le campagne per il "benessere" degli animali da allevamento, come quelle del CIWF, ora anche in Italia, sono quanto di più dannoso possa esistere per mucche, maiali, galline e conigli: al contrario di quello che si potrebbe supporre, non solo non mettono davvero in discussione il maltrattamento degli animali, ma in pratica lo promuovono, fornendo una giustificazione al consumo di prodotti dell'industria dell'allevamento. Chi ci guadagna? Solo gli allevatori e i macellai! E non parliamo solo di qualche "piccolo produttore", ma anche di enormi multinazionali del settore alimentare.

Una contraddizione a livello logico e di senso di giustizia

E' comunemente condiviso, almeno a parole, il principio etico per cui è sbagliato imporre sofferenza non necessaria a un altro essere vivente, ed ucciderlo, come avviene per qualsiasi animale da allevamento. Un principio che viene però smentito tutti i giorni da chiunque mangi carne e altri prodotti animali: pigrizia, abitudine, gusti e convinzioni errate, certo non possono essere una giustificazione per la sofferenza e la morte di innumerevoli esseri senzienti.
Pensare che abbiano vissuto in modo "degno", per riprendere la parola usata dalla campagna del CIWF, alleggerisce la coscienza di chi consuma prodotti animali, fornisce un modo efficace - ma logicamente errato - di razionalizzare quello che si sa essere eticamente sbagliato.
E' una posizione morale che si contraddice da sola: da un lato, logica e senso di giustizia ci costringono a concludere che sia sbagliato imporre sofferenza e morte senza alcuna necessità gravissima (condizione che peraltro nella vita reale si verifica ben di rado, e mai nei confronti degli animali, ma piuttosto di altri esseri umani da cui si è costretti a difendersi).  Dall'altro, si ammette come "accettabile" l'uccisione (ovviamente non necessaria) di animali, quando questi - in teoria - non abbiano sofferto in vita (caso che, tra l'altro, mai si verifica): ma condizioni migliori di allevamento non sono eticamente compatibili con il continuare a partecipare all'uccisione di milioni di animali fatti nascere con il solo fine di trasformarli in macchine per la produzione di carne, latte e uova.
Il costo di questa posizione, intellettualmente disonesta e razionalmente inconsistente, sono la sofferenza e la morte di milioni di animali.
Poniamoci una semplice domanda: se facciamo vivere il nostro cane o gatto per 1-2 anni nel miglior modo possibile, accudendolo e rendendolo felici, ci sentiremmo giustificati a condurlo poi in un macello, squartarlo e mangiarlo? Certo che no. Per gli altri animali vale lo stesso identico concetto.

Che differenza c'è tra gli allevamenti intensivi e quelli "rispettosi" del "benessere" animale?

Le differenze sono in realtà minime e gran parte della sofferenza per gli animali resta immutata.
Posto che uccidere animali per abitudine, pigrizia o golosità non è MAI moralmente giustificabile, qualsiasi sia la loro specie, occorre aggiungere che non è neppure vero che gli animali dai cui corpi si ricava la cosiddetta "carne felice" abbiano in realtà un'esistenza "degna".
Le condizioni di vita sono solo un po' meno peggiori: un po' di spazio in più o un cibo leggermente diverso non possono certo cambiare la vita degli animali prigionieri negli allevamenti.
Le mucche subiscono comunque l'inseminazione artificiale ogni anno e la tortura psicologica della separazione dal vitellino che ne nasce (le mucche producono latte solo per alcuni mesi dopo il parto, esattamente come ogni altro mammifero); e vengono comunque uccise quando non sono più sufficientemente produttive (dopo pochissimi anni).
I vitellini maschi vengono comunque uccisi giovanissimi, in quanto "sottoprodotto" della produzione di latte, così come i pulcini maschi vengono eliminati appena smistati per sesso negli stabilimenti che "producono" galline ovaiole. Anch'essi sono inutili: i maschi dei bovini non producono latte, i maschi dei polli non producono uova, sono solo scarti di cui liberarsi al più presto e nel modo più economico.
Le galline "cage free" (allevate a terra) vivono ammassate in enormi capannoni, non sono certo libere di razzolare su un prato, e viene comunque tagliato loro il becco a pochi giorni di vita.
Niente a che vedere con le immagini sulle etichette e nelle pubblicità, che raffigurano "animali felici" nei prati e all'aria aperta.
Vale inoltre la pena ricordare che i sistemi di trasporto ed i mattatoi utilizzati sono quasi sempre gli stessi, per cui l'uccisione degli animali è la stessa da qualunque tipo di allevamento provengano. La terribile esperienza degli ultimi giorni di vita è identica per tutti gli animali, forse ancora peggiore e più traumatica per quelli che sono stati trattati relativamente meglio.



mercoledì 16 luglio 2014

Speciale di Radio Black Out su EXPO 2015 e sfruttamento animale

Expo 2015: nessuna faccia buona, pulita e giusta

Tre interventi su Radio Black Out su EXPO 2015, all'interno della trasmissione "Liberation Front".
I primi due con attivist* del collettivo "Farro & Fuoco", che ha curato il dossier su EXPO e gli animali che trovate qui.
Il terzo con un attivista di BioViolenza, sempre sui temi documentati e discussi nel dossier.

Gli interventi possono essere ascoltati sulla pagina dedicata.


Difficile pensar diversamente, nonostante tutti i tentativi che vanno dalle recenti azioni di ricerca di “trasparenza”, smascherando e riciclando l’imprenditore/faccendiere/politico di turno, alle varie e raccapriccianti operazioni di “greenwashing” delle diverse multinazionali che saranno in vetrina a Milano e che vedranno, in contemporanea, Torino a braccetto in qualità di “capitale del cibo sostenibile”. Connubi, a parer nostro, “in-sostenibili”.

Expo 2015: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, un colosso di retorica e ipocrisia; grande evento, ennesima opera inutile e devastante, con il valore aggiunto “green”.

Durante alcune trasmissioni, a cavallo fra giugno e luglio, abbiamo dato spazio a molte letture tratte da un validissimo e importante dossier. Nessuna faccia buona, pulita e giusta a EXPO 2015 – Dossier su Slow Food, Coop Italia e Eataly. Un work-in-progress, curato dal collettivo milanese Farro&Fuoco, che offre un’analisi critica e un’operazione verità che ampliano la già triste prospettiva di cosa rappresenti Expo 2015, attraverso approfondimenti in chiave non solo antropocentrica, su tre fra i principali attori che saranno in scena: Slow Food, Eataly e Coop. Già, una chiave di lettura non solo antropocentrica; una chiave che spesso ci si dimentica.

E riportando alcune parole tratte dall’introduzione al dossier, vi proponiamo qui di seguito tre interessanti chiacchierate fatte in diretta con Paolo, Francesca e Marco.

“Non sarà una fiera del capitale a trovare soluzioni a problemi che lo stesso capitale ha provocato. Questi grandi eventi sono precipitati concreti che la specie umana impone all’ambiente e alla vita che in esso trova forma, in una catena di rapporti di potere che via-via scende fino all’ultimo essere vivente che si trova scacciato dal suo habitat”

lunedì 23 giugno 2014

Dall’Expo a Fico… la filiera corta dello sfruttamento! - 27 giugno a Milano

VENERDI’ 27 GIUGNO’014 dalle 19
eat2
Iniziativa organizzata da Eat the Rich. Dall’Expo a Fico, passando per SlowFood, Coop e Eataly: la filiera corta dello sfruttamento!
- h19 Video sull’Expo. Presentazione della storia dalla prima edizione a quella di Milano: storia, eventi collegati. A cura del collettivo Off Topic (Milano)
- h20,30 Cena autogestita a cura di Eat the Rich!
- h21.30 Presentazione di “Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo2015″, dossier su SlowFood, Coop Italia e Eataly. A cura del collettivo Farro&Fuoco (Milano).
* * * * * * * * * *
Come Eat the Rich! ci siamo mossi dalle ormai fatidiche domande, se fosse possibile avere dei pranzi che fossero buoni e alla portata delle tasche di tutt@, fuori dalle logiche della grande distribuzione organizzata che giocano al ribasso sui prezzi ma anche sulla qualità, avendo accesso ai prodotti nel rispetto dei tempi della natura e liberi da ogni sfruttamento del lavoro. Le nostre risposte le abbiamo trovate autorganizzandoci in cucine collettive, mettendoci in rete con produttori locali, CampiAperti, Gruppi d’Acquisto, SosRosarno, Genuino Clandestino. 

Allo stesso tempo ci siamo resi conto di quanto anche il capitale negli ultimi anni si stia riorganizzando per mettere a valore, e sfruttare il più possibile, il cibo e il discorso attorno all’alimentazione. 
Non è un caso che la prossima Esposizione Universale che si è aggiudicata Milano abbia come claim “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Non è un caso che uno degli imprenditori più promossi dalla stampa, e ora anche dal suo amichetto Renzi al governo, sia quel Farinetti di Eataly. Non è un caso che anche qui a Bologna si provi a cavalcare questo trend – nell’ultimo disperato tentativo di rilancio della città dopo essersi già autocastrata come Bologna la rossa, la creativa, Bologna degli studenti, città della musica, la smart city – ci si prova adesso col cibo: City of food is Bologna. E via con i mega-progetti, con i soliti noti pronti a spartirsi la torta. Dal mercato di mezzo alla grande opera FICO, Farinetti e le Coop su tutti.

E’ per questo che abbiamo invitato due realtà che a Milano da tempo stanno lavorando per fare controinformazione e opporsi all’Expo2015. Evento che racchiude in sé molte delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Dalla speculazione edilizia e la gentrificazione di interi quartieri, allo sfruttamento di forza lavoro, precarizzazione a lavoro gratuito mascherato da formazione e stage. Il tutto condito con l’enfasi e l’appeal delle più classiche operazioni di green-washing e la retorica del grande evento. 

Riteniamo importante insistere nel costruire il più collettivamente possibile percorsi di lotta comuni in opposizione alle Grandi Opere e ai Grandi Eventi con tutto il loro portato di precarizzazione e sfruttamento. Vorremmo fosse un’occasione di discussione per la città e le sue realtà attive, per confrontarsi su quanto sta avvenendo sul piano nazionale e, in piccolo, su quello locale, per riempire di contenuti e sostanziare la nostra opposizione alle politiche degli amministratori locali, del governo Renzi e dei suoi capitani d’industria Poletti e Farinetti. 

Stay foolish, 
Stay hungry, 
Eat the Rich!

lunedì 16 giugno 2014

"Lo Scuoiatore": un nome, un programma e una promessa.



Nel percorso al contrario con cui si cerca di rendere invisibili  gli animali incontriamo anche l’architetto De Lucchi. La macelleria cheha progettato e che verrà inaugurata a Parigi si chiama L’ Ecorcheur, lo Scuoiatore.

Un nome, un programma e una promessa.

La macelleria in questione sarà una vera e propria installazione.  Farà parte di una serie di iniziative economiche ridisegnate secondo un’ottica dedicata per lo più alla cultura  del cibo.

De Lucchi  spiega che la ‘sfida’ è quella di ‘liberare la macelleria dal concetto dell’atto violento sull’animale’.
In uno spazio di 45 metri quadrati si potranno ammirare  ad es immagini di sacrifici con animali e acquistare anche opere d’arte, animali-scultura ,romanzi dedicati  al mondo animale, illustrazioni e quant’altro. E’ qui che si celebra l’emancipazione dell’uomo dalla violenza primitiva.
Il tutto godibile  insieme con pezzi di animali esposti dietro un bancone ,smembrati e ripuliti  per non urtare la sensibilità del consumatore.
Si potranno anche gustare quelle stesse dilaniate carni in un apposito spazio dedicato alla cottura a vista, dove sarà possibile portare a termine l’ultimo atto cannibale, al riparo dalla vista di mattatoi, urla strazianti e agonie.

A questo tipo di operazioni appartengono diverse  ‘avventure’ finanziare , persino firmate, che promettono ampliamenti in molti paesi attraverso differenziazioni di volta in volta sempre più ‘originali’.
Il cibo deve essere spiritoso, allegro e soprattutto ‘etico’.  E se per fare questo è necessario nascondere agli sguardi ciò che accade  nella realtà, ben venga!
Designers, architetti, ristoratori e persino droghieri  si ritrovano uniti in un unico corpo collettivo con una missione da portare a termine.

Sempre più si tende ad occultare l’infamità della condizione a cui vengono sottoposti gli animali che finiranno nei nostri piatti  attraverso operazioni  definite culturali  in cui il corpo dell’animale , fatto uscire sublimato dalla porta, possa rientrare dalla finestra in forma di bistecca, cotoletta, salsiccia.
Di fronte all’opera di De Lucchi o chi per lui, in cui ci si presta a valorizzare il prodotto e la confezione , non è difficile comprendere come  la celebrazione dell’architetto  ( che nello specifico decreta la fine dell’architettura)e di un mangiar sano , pulito e giusto sia l’obiettivo ,alla stregua delle tante iniziative proposte , ad es. ,da Slowfood e Eataly .
E non è difficile comprendere come , ancora una volta, la  subdola finalità sia l’assopimento delle coscienze.
“ Perché non si possono contare tutti i morti”e non si può dire  l’orrore , quello che ‘scaturisce dal rifiuto da parte  degli assassini e di tutti gli altri , di immaginarsi al posto delle vittime” (La vita degli animali, J.M.Coetzee).

Laura Lucchini

venerdì 6 giugno 2014

Nessuna faccia buona, pulita e giusta a EXPO 2015 - il dossier di "Farro & fuoco"

Un dossier su EXPO e sfruttamento animale.

Il testo Nessuna faccia buona, pulita e giusta a EXPO 2015 – Dossier su Slow Food, Coop Italia e Eataly è una critica del grande evento milanese che, concentrandosi sui tre attori che danno sostanza al tema ufficiale, intreccia analisi del discorso pubblico, politica economica e antispecismo. Autore di questo dossier, uscito nel maggio 2014, è il gruppo  “Farro&Fuoco – Alimenta il conflitto.

Il testo analizza in modo critico la retorica del "benessere animale" e della "sostenibilità" di Slow Food, COOP e Eataly, e la loro funzione all'interno dell'organizzazione di EXPO 2015.

Qui è possibile scaricare il dossier: http://boccaccio.noblogs.org/post/2014/05/29/nessuna-faccia-buona-pulita-e-giusta-a-expo-2015/


giovedì 22 maggio 2014

L'ingiustizia del "cibo giusto": Serge Latouche e la decrescita "felice" fra salami e prosciutti



L'INGIUSTIZIA DEL "CIBO GIUSTO"


Proprio nello stesso periodo in cui è in atto la Settimana Mondiale per l’Abolizione della Carne, Serge Latouche, teorico della decrescita, sarà a Pisa per un incontro dal titolo “Il cibo giusto”.

Noi non sappiamo quello che dirà Latouche, sappiamo solo che, al termine, ci sarà un aperitivo a filiera corta con vari prodotti tra cui ricotta, prosciutti, salami, coppe…

“Il cibo giusto”. E’ proprio il titolo di questo incontro che colpisce, che punta il dito sulla questione basilare e nello stesso tempo, con plateale indifferenza, la ignora, la mortifica, la annichilisce.
Sì! Perché la questione del cibo è proprio legata alla giustizia. Prendere qualcuno e renderlo cibo, renderlo prodotto, renderlo merce significa dimenticare il proprio simile animale, significa relegarlo a qualcosa che posso usare, sfruttare, manipolare e gestire come una risorsa, come un attrezzo, come un bene. Significa anche e soprattutto ignorare (o fingere di ignorare!) che ad essere usato, imprigionato, gestito, ingrassato e ucciso è un individuo dotato di coscienza, pensieri, sensibilità, intelligenza.

Noi tutti sappiamo che cos’è un’ingiustizia. Forse non tutti riusciamo a definirla in modo corretto e impeccabile, ma per il solo fatto di essere in questa civiltà, sappiamo di cosa si tratta, lo sappiamo per averla subita, per averla vissuta, per averla vista applicare su chi abbiamo intorno. Quando vedi un’ingiustizia ne senti il peso e, un po’, ti ribolle il sangue e vorresti agire, reagire. Questo accade perché sai che anche quella, come tutte le altre ingiustizie, potrà proliferare, potrà sopravvivere ed espandersi proprio grazie alla tua indifferenza. E’ strana l’ingiustizia! Non ammette neutralità. O ti schieri contro o, in automatico, stai favorendo il carnefice, colui che la vuole applicare, colui che se ne sta avvantaggiando.

Lo specismo, quella complessa e millenaria ramificazione di condizionamenti che ci portiamo addosso, consente incredibili scappatoie, permette, ad esempio, di parlare di giustizia, proprio mentre si sta festeggiando sul cadavere di un individuo a cui è stata tolta libertà, un individuo che è stato tenuto rinchiuso, un individuo a cui è stato impedito di vivere secondo le proprie aspettative, la propria indole, il proprio modo di percepire e interpretare la realtà. La giustizia, allora, viene rinchiusa in un rigido compartimento. Il cibo è giusto se è buono e mi fa bene. Il cibo è giusto se è autoprodotto. Il cibo è giusto se non entra al supermercato, se non è confezionato, se ha la filiera corta. Il cibo è giusto finchè l’asse del ragionamento riesce a mantenersi saldo e prepotentemente ancorato all’umana superiorità, ad una visione del mondo in cui chi è diverso è anche situato su un gradino più in basso. Un tempo, su quel gradino più in basso (ma ancora oggi), ci stavano gli schiavi umani. Fornivano lavoro giusto perché tanto erano “quasi umani” e naturalmente destinati ai lavori imposti, erano diversi da noi. Un tempo (ma ancora oggi) ci stavano le donne. Inferiori, usate, sfruttate. E chiaramente l’elenco di chi veniva e viene posto su un gradino più in basso si potrebbe allargare a gay, lesbiche, trans, intersex, rom e a tutte le categorie rese oggetto, feticcio, categorie ridicolizzate perché diverse dallo stereotipo condiviso, diverse da ciò che evade dal modello dominate. Gli esempi sono tanti e ciascuno ha diverse sfumature e caratteristiche, ma quello che conta è l’asse portante, perché in tutti i casi la dinamica che giustifica e fortifica l’ingiustizia è sempre uguale. Il diverso può essere usato, dominato e discriminato. Il diverso è una risorsa che può essere gestita e controllata per i nostri personali interessi.

Lo specismo consente di tenere un comportamento giusto ed etico pur continuando a sfruttare e a discriminare in modo sistematico e consapevole chi è diverso, pur continuando a togliergli la libertà, pur continuando ad impedire all’altro da sé di vivere le proprie speranze, di realizzare le proprie attitudini, i propri desideri. Lo specismo è comodo e, soprattutto, indispensabile a mantenere la status quo. Basta dimenticare chi ha un corpo diverso, basta renderlo oggetto e il gioco è fatto.
Tutto questo, per di più, può avvenire nella più totale buona fede. Guardando solo all’umano, guardando solo al maschile, guardando solo al bianco occidentale si possono ignorare le più elementari norme di tolleranza, si può dimenticare l’etica, si po’ credere di compiere azioni rivoluzionarie, si può essere convinti di lavorare concretamente per il cambiamento di questa società pur continuando a rispettarne e ad incarnarne l’essenza, pur continuando a scandirne la grammatica. In realtà, come appare ovvio, non si sta facendo altro che perpetuarla rafforzandone le regole basilari.

Perché ciò che conta non è cosa si mangia!
E’ curioso, infatti, notare come il cosiddetto veganismo salutista, pur essendo vegan, segue esattamente la stessa dinamica di chi, organizzando un incontro sul cibo giusto, festeggia sulla prigionia, sulla sofferenza e sulla morte di qualcun altro. Ciò che rimane immutato è lo specismo.
Anche nel caso del veganismo salutista, infatti, l’altro da se’ (in questo caso la mucca, il maiale, la gallina…) viene dimenticato, deprivato dal suo essere soggetto di una vita per essere trasformato in oggetto/cibo che, solo per il fatto di far male alla salute, dovrebbe essere evitato. In un caso l’oggetto/cibo deve essere trattato con determinate metodologie per essere cibo giusto, nell’altro, invece, deve essere evitato proprio come si eviterebbe una sostanza tossica. Il risultato cambia, è chiaro, ma l’essenza della società specista, il suo perpetuarsi, il suo inesorabile mantenersi come struttura che domina e dirige le nostre esistenze, non viene scalfito neppure di una virgola. E come ovvia conseguenza, in entrambi i casi, a livello globale, gli umani, gli animali e l’ambiente continueranno ad essere dominati e sfruttati.

Nonostante le intenzioni, nonostante il desiderio di cambiare le cose, si finisce per essere funzionali a ciò che si vorrebbe cambiare.

La cosa più sconcertante di questo paradosso, di questo impegno attivo verso il cambiamento che diviene asservimento alle logiche del dominio, però, è un’altra, ed è legata all’evidenza dei fatti, a quanto sia chiaro e inequivocabile che abbiamo di fronte delle persone non umane, delle popolazioni di persone non umane. Di quanto questo fatto sia stato dimostrato anche da quella stessa scienza che regge e giustifica la nostra società specista. Dopo la Dichiarazione di Cambridge del 2012 sulla coscienza, infatti, è stato sancito ufficialmente che noi umani, insieme a tutti gli altri animali che imprigioniamo, segreghiamo, sfruttiamo, ingrassiamo e uccidiamo, siamo dotati di coscienza, di quella stessa coscienza che ci permette di essere consapevoli, di prendere decisioni. In questo non c’è differenza tra noi e gli altri animali!

In realtà, anche in questo caso, ritroviamo le stesse dinamiche del razzismo del sessismo, dell’omofobia. In passato era pur sempre ovvio e visibile a tutti che le persone con la pelle nera non erano quasi umani, che le donne non erano inferiori, meno intelligenti, senz’anima, senza diritti e naturalmente votate alla sottomissione. Oggi è quantomai evidente che l’omosessualità non è una malattia mentale. Eppure occorreva crederlo, era indispensabile farlo per tenere in piedi le società bastate sullo sfruttamento, le società fondate su un preciso modello patriarcale. Il condizionamento, in realtà non ancora estinto del tutto, era talmente forte che non bastava certo vedere con i propri occhi, che non bastava certo dare ascolto alla propria empatia, al proprio senso razionale. E non sarebbe bastata neppure la dichiarazione di qualche scienziato. C’è voluto e ci vuole di più, molto di più!

Ma tornando al “cibo giusto” si potrebbe anche affermare che non importa, che posso pretendere per me il cibo buono, facile, il cibo che mi dà libertà dal sistema e gusto per il palato anche infischiandomene dell’etica, anche se questo comporta il passar sopra come un bulldozer su tutti i principi di libertà e di giustizia.

Eppure non è così, non è questo il caso.
Perchè è sempre una molla etica quella che spinge a desiderare cibo a chilometro zero, che spinge a mangiare sul mater-b invece che sulla plastica, che spinge a porsi contro un sistema che pretende la crescita infinita, che spinge a lottare contro le nocività. Ma, nello stesso tempo, se questa molla etica non allarga i suoi orizzonti, se non mira più in alto, se non prende in considerazione la radice che determina lo sfruttamento e il dominio sarà sempre destinata a fallire, sarà sempre destinata a perpetuare lo sfruttamento e la devastazione, i disastri ecologici e le ingiustizie. Nessuna società libera, ecologica, etica, infatti, potrà mai nascere o rinascere fondandosi sulla prigionia, sulla sofferenza e sullo sfruttamento.


Troglodita Tribe