"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

martedì 6 novembre 2012

Amadori, Barilla, Coop: un "impegno coerente" per gli animali

da www.antispecismo.net

Amadori, Barilla, Coop: un “impegno coerente” per gli animali


Marco Reggio

“... di sangue han sporcato il cortile e le porte
chissà quanto tempo ci vorrà per pulire...”


Negli ultimi tempi, diverse voci hanno messo in guardia contro la retorica della “carne felice” e del benessere animale[1]. La strategia di rassicurare i consumatori mostrando il lato “buono” dello sfruttamento animale si esprime attraverso la voce dell’industria alimentare, ma non solo.

La legislazione, sempre più spesso, formula principi generali improntati al “rispetto” degli schiavi non umani, e talvolta li traduce in normative specifiche tese a garantire degli standard minimi di attenzione alla sofferenza degli animali da reddito. Abbiamo così la percezione – soprattutto nei paesi industrializzati – di vivere in una società in cui gli allevamenti di galline sono perlopiù “a terra” (che nell’immaginario collettivo significa anche “all’aperto”), i vitelli stanno con la madre, la macellazione è un atto incruento, fatta eccezione per qualche deroga alle prescrizioni religiose di popoli che, in breve tempo, si convertiranno alle nostre più “civili” abitudini...

Contribuiscono a questa percezione gruppi, associazioni, enti che cercano di diffondere valori che, per vari motivi, hanno a che fare con lo sfruttamento “dolce”. É il caso di Slow Food[2], che nasce e si sviluppa su temi come la sovranità alimentare, la sostenibilità ambientale e la gastronomia di qualità. É il caso del settore del cibo certificato biologico, un settore che muove dalla volontà di tutelare il consumatore umano dalle derive più malsane e dissipatorie dell’attuale sistema produttivo, creando al contempo un buon volume di affari. É il caso della legislazione comunitaria europea sulla tutela degli animali da allevamento[3]; ed è naturalmente il caso della propaganda pubblicitaria di alcuni degli stessi grandi e piccoli produttori, i più attenti alle richieste del consumatore di oggi, sempre più “disturbato” dalle immagini degli allevamenti intensivi.

Ma ci sono anche realtà che si occupano di “proteggere” gli animali, fra i sostenitori della carne felice.

“Tutto il nostro plauso va a Barilla[...], Amadori[...] e Coop” (Compassion in World Farming).

Pochi giorni fa, Compassion in World Farming[4] ha assegnato i Premi Europei Benessere Animale 2012. Questa quinta edizione della manifestazione ha visto protagoniste le aziende italiane. Coop Italia, Barilla e Amadori sono state premiate per l’”impegno coerente per il miglioramento delle condizioni di vita degli animali allevati per produrre cibo”[5].

La notizia farà sorridere – o scandalizzare – molti animalisti, almeno quelli coscienti del fatto che ogni misura per il benessere animale non è nulla di fronte alla schiavitù degli allevamenti. Tanto più se i passi fatti dalle aziende sono piccoli, così piccoli da ridursi ad operazioni di immagine. É il caso di dire: piccoli a piacere. Pare dunque superfluo rilevare l’ipocrisia di questi premi. Ed è anche banale rilevare come lustrare la facciata presentabile sia un modo per giustificare attività che di presentabile hanno ben poco.

Può essere tuttavia utile sottolineare quali mosse – tutte di tipo linguistico – permettano di far passare la pubblicizzazione dello schiavismo per un’opera di carità. Oltre che utile, è anche facile, dato il livello di sfrontatezza di questi signori. Basta vedere che cosa dichiarano alla stampa.

Coop. Di questa azienda è stato già detto qualcosa, relativamente alla capacità di costruirsi un’immagine pulita agli occhi degli “amanti degli animali”[6]. Al ritiro del premio, il Responsabile Sostenibilità, Innovazione e Valori di Coop Italia dichiara “migliorare le condizioni di allevamento significa non solo garantire agli animali allevati una vita degna di essere vissuta ma anche migliorare la loro salute”. L’espressione “vita degna di essere vissuta” è certamente pretenziosa. Chi l’ha pronunciata sembra essere proprio sicuro che negli allevamenti si possa garantire una vita dignitosa, anzi è certo che Coop la garantisca. Noi qualche dubbio lo abbiamo. Siamo sicuri, però, che le vite delle mucche spremute per produrre latte, o quelle dei vitelli, dei maiali, dei polli ingrassati negli allevamenti, o ancora quelle dei pesci imprigionati nelle reti, sono per i supermercati Coop vite degne di essere violate. Un buon profitto è infatti garantito – nel rispetto del benessere animale, s’intende... – ogni volta che queesta vita “degna di essere vissuta” smette di essere vissuta. Ovviamente, nel momento in cui qualche esperto Coop ha deciso che è arrivata l’ora del macello.

Qualcosa di più rivelatore ci dice Barilla. La dichiarazione alla cerimonia, resa dal Direttore Salute, Sicurezza, Ambiente ed Energia, è quasi un lapsus: “Il benessere degli animali da allevamento è un valore per Barilla”. Non abbiamo dubbi, in effetti, che sia così. Il benessere animale è proprio un ottimo investimento. A voler essere un po’ cinici, potremmo calcolare in termini di introiti (garantiti dal rientro d’immagine) ogni metro quadro di allargamento delle gabbie, o ogni balla di fieno aggiunta per mettere a loro agio i prigionieri. Non dubitiamo neppure che vada preso alla lettera quello che Barilla aggiunge subito dopo: “un’impegno che non si fermerà bensì continuerà, saldamente ancorato nella nostra strategia di sostenibilità”. Sostenibilità degli allevamenti, sostenibilità del marketing.

Un concetto simile sembra esprimere Amadori, per bocca della Responsabile Corporate Communication: “il Premio Good Chicken di Compassion per Il Campese e il Pollo 10+ ci dice solo una cosa: che ancora una volta siamo sulla strada giusta”. Ed è vero: queste aziende sono sulla strada giusta per nascondere il sangue che turba i loro clienti.

“Chissà quanto tempo ci vorrà per pulire... ”.

Con l’aiuto di imprese di pulizia come Compassion in World Farming, forse neanche troppo.

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Note

[1] Si vedano, per es.: M.Cole, Dagli “animali macchina” alla “carne felice”. Un’analisi della retorica del “benessere animale” alla luce del pensiero di Foucault sul potere disciplinare e su quello pastorale, in “Liberazioni” n.3; E.Brocca, L.Caffo, M.Reggio, Prigionieri Felici, in “Altri Versi”, Oltre la Specie; Le 5 Libertà: tanto rumore per nulla; e, in generale, il progetto BioViolenza

[2] Cfr.: http://bioviolenza.blogspot.com/2012/10/slow-food-e-terra-madre-lettera-carlo.html.

[3] Si veda, Animal Welfare: uccidere con gentilezza.

[4] http://www.ciwf.org.uk/.

[5] http://www.ansa.it/terraegusto/notizie/rubriche/salute/2012/10/29/Premiate-3-aziende-italiane-benessere-animale_7713140.html. Le dichiarazioni delle aziende, riportate di seguito, sono tutte tratte da questo articolo.

[6] Cfr. La Coop sei tu.